Centro Studi Naturopatici

Per appuntamenti o Informazioni contattare la Farmacia dr. Dall'Ara Francesca SaS di San Quirico (Vicenza) al numero 0445 473611


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lunedì 1 ottobre 2012

domenica 23 settembre 2012

La Tecnica Auricoloterapica presso il CSN

L'auricoloterapia è una terapia basata sulla ricerca ed il trattamento di punti riflessi localizzati nell'orecchio esterno. Stimolando questi punti auricolari si induce un effetto terapeutico a livello di vari organi ed apparati dell'organismo che, grazie a complessi meccanismi neurofisiologici ed endocrini, sono legati intimamente al padiglione auricolare esterno dell'orecchio. Questa metodica è stata utilizzata fin dall'antichità in Egitto e in Cina ma è stata di fatto riscoperta ed elevata al rango di terapia razionale dal medico francese Paul Nogier nel 1951. Nel 1990 l'OMS la annovera tra le terapie riflesso-terapiche. A partire dalle prime scoperte di Nogier l'auricoloterapia è oggetto di numerosi studi di neurofisiologia che ne documentano l'efficacia per trattare il dolore, i disturbi funzionali e le dipendenze. Prima di iniziare il trattamento si ricercano attraverso uno strumento a molla detto Palpeur i punti dolorosi da trattare dopo di che si applicano degli stimoli che possono essere fisici, elettrici o elettromagnetici sui punti da trattare. Dato che l'effetto terapeutico atteso non avviene lì dove è applicato lo stimolo ma in sedi molto distanti, l'auricoloterapia è di fatto una riflesso-terapia. La relazione tra il dolore provato in un determinato punto del corpo e l'emersione nel padiglione auricolare di un punto doloroso è ben documentata da un classico esperimento di Paul Nogier : provocando uno stimolo nocicettivo con una pinza su di un pollice, dopo alcuni secondi si ottiene la comparsa dell'omologo punto nell'orecchio nella zona somatotopica del pollice. La pratica sperimentale e clinica di Paul Nogier e dei suoi collaboratori ha permesso di disegnare con estrema precisione una mappa auricolare somatotopica su cui sono rappresentati tutti gli organi e gli apparati dell'organismo e quindi il terapeuta è in grado di ricercare a colpo sicuro i punti trigger da trattare dopo un accurato colloquio. Nel Centro Studi Naturopatici si utilizza la tecnica dell'auricoloterapia non invasiva utilizzando per stimolare i punti mezzi meccanici come i semi di Vaccaria e correnti elettriche a bassa frequenza. La ricerca dei punti da trattare nel padiglione auricolare viene effettuata attraverso una prima ispezione visiva dei padiglioni auricolari che possono essere diversi tra di loro anche in misura notevole. Viene osservata la struttura generale dell'orecchio e la presenza di alterazioni sia della struttura cutanea che cartilaginea, come pieghe, solchi o ipertrofie. In questa prima fase si procede anche alla palpazione dell'orecchio tra indice e pollice per valutare la consistenza e la sensibilità dei tessuti. Infatti ogni qualvolta si evidenziano alterazioni morfologiche o di sensibilità sul padiglione auricolare si possono ipotizzare squilibri funzionali a carico dell'organo o apparato rappresentato in quel punto. A questa prima fase segue la detezione dei punti da trattare attraverso mezzi meccanici come il palpeur o elettrici . La detezione meccanica viene effettuata con il palpatore a pressione (palpeur), uno stiletto caricato a molla in grado di esercitare una pressione standard sul punto da valutare. Il punto risulterà dolorosa alla pressione del palpeur quando l'organo corrispondente nel corpo è doloroso o ha perso il suo equilibrio fisiologico. Normalmente il dolore provocato è sproporzionato rispetto allo stimolo applicato tanto da provocare il segno della smorfia nel viso della persona. Tale reazione è la condizione necessaria per trattare quel punto con i semi di Vaccaria. La ricerca dei punti patologici nell'orecchio attraverso detettori elettrici può essere attuata perchè tali punti presentano caratteristiche elettriche particolari in quanto la loro resistenza è più debole di quella delle zone vicine sane. A tale scopo si utilizzano dei detettori in grado di misurare la variazione di resistenza elettrica cutanea. L'apparecchio indica il punto da trattare attraverso un segnale acustico prolungato per almeno 6 secondi. Il trattamento successivo dei punti può essere eseguito con varie metodiche. Il naturopata utilizza delle tecniche non invasive che vanno dal massaggio e stimolazione dei punti con bastoncini di vetro con punte arrotondate all'utilizzo dei semi di vaccaria, della penna cromatica e dello stesso detettore elettrico che permette anche di stimolare i punti con una corrente a bassa frequenza. La metodica classica prevede l'utilizzo del bastoncino di vetro con la punta arrotondata. Il movimento è di norma circolare e la pressione può provocare dolore. Il massaggio va protratto per almeno un minuto. La sensazione di dolore sul punto raggiunge un apice per poi decrescere gradualmente. In questa fase il terapeuta può anche suggerire tecniche di auto massaggio del punto da adottare a casa per continuare il riequilibrio energetico del punto stesso. Normalmente va consigliato di effettuarlo bilateralmente e per almeno un minuto due volte al giorno . Un'altra tecnica di trattamento prevede l'utilizzo dei semi di Vaccaria che per il loro aspetto puntiforme e per la loro consistenza legnosa, si prestano bene per essere applicati sul punto da trattare ed essere stimolati manualmente dalla persona stessa a casa. Ma il metodo più utilizzato in studio è il metodo di stimolazione elettrica transcutanea, metodo dolce ed indolore che permette di perturbare il punto e che si effettua con lo stesso detettore elettrico per la durata di almeno un minuto. In alcuni casi viene anche utilizzata la cromopuntura auricolare che si fonda sulla stimolazione del punto tramite frequenze monocromatiche della luce visibile ottenute facendo passare la luce su di un puntale di cristallo che riflette le varie frequenze elettromagnetiche della luce visibile. Mediante il cromopuntore si realizza un doppio effetto: la stimolazione meccanica ed cromatico elettromagnetica del punto stesso. Il punto riflesso auricolare da trattare presenta alcune caratteristiche particolari che lo distinguono dai classici punti dell'agopuntura : 1) il punto non è fisso e non è sempre rilevabile e la ricerca vine svolta nella zona dove è probabile ma non certa la sua rilevazione. Inoltre le sue caratteristiche possono variare al variare dell'attività dell'organo in quel determinato istante. 2) Il punto risulta essere doloroso. Anche questa è una peculiarità dell'auricoloterapia ed è il parametro più importante per determinare il disturbo funzionale d'organo e di apparato 3) il punto ha una minore resistenza elettrica e questo permette di evidenziare anche quei punti che possono non essere dolorosi ma che devono essere stimolati in caso di disturbi funzionali. Tali punti vanno stimolati elettricamente e non meccanicamente. 4) La detezione auricolare del punto indica un disturbo funzionale o anche una patologia na non è in grado di fornire informazioni circa la natura di tale disturbo o stabilire con esattezza l'entità della patologia. Con l'esame auricolare possiamo solo determinare che quel determinato organo presenta una anomalia nel suo equilibrio fisiologico 5) il punto è frequentemente omolaterale nel 85% dei casi e quindi la ricerca va svolta prima di tutto rispettando questa corrispondenza diretta (punto Omologo). Il punto può anche presentarsi controlaterale e quindi si parlerà di corrispondenza indiretta o punto eterologo. Raramente si manifesta la bilateralità e comunque il trattamento verrà effettuato sul punto omologo. Bibliografia: Fabio Scoppa “Lineamenti di Auricoloterapia”

venerdì 6 luglio 2012

La Leucocitosi Digestiva

Sin dal 1930 sono stati condotti studi per valutare gli effetti del cibo cotto e raffinato sul nostro sistema immunitario, ampiamente rappresentato a livello gastrointestinale. Tali ricerche vennero effettuate presso l'Istituto di chimica clinica di Losanna in Svizzera dal gruppo di lavoro del Dr. Paul Kouchakof. Durante questi studi venne evidenziato un aumento del numero di leucociti (globuli bianchi) a livello ematico immediatamente dopo l'ingestione di cibi cotti. Tale fenomeno venne definito leucocitosi digestiva ed e' sempre stato considerato fisiologico dalla medicina convenzionale. Tuttavia questa risposta all'ingestione di cibi cotti e raffinati sembra essere una risposta ad uno stato di stress dato che il nostro corpo reagisce nella stessa maniera quando viene attaccato da un agente nocivo come un'infezione o un agente tossico. Durante le ricerche di Kouchakof era anche emerso che tale fenomeno non si manifestava dopo ingestione di cibi crudi o di cibi riscaldati a basse temperature mentre aumentava notevolmente in seguito all'ingestione di cibo raffinato come i cereali raffinati e i cibi pastorizzati che subiscono l'esposizione ad alte temperature. Successivamente altre ricerche hanno dimostrato che sia mangiare cibi crudi immediatamente prima dell'assunzione di cibi cotti sia una adeguata masticazione del cibo cotto sono in grado di diminuire del cinquanta per cento la manifestazione del fenomeno della leucocitosi. Anche il medico italiano Lusignani dell'universita' di Parma nel 1924 si era occupato di leucocitosi digestiva scoprendo i meccanismi attraverso cui tale fenomeno si manifesta. Egli dimostro' che queste variazioni del numero dei globuli bianchi nel sangue sono dovute a meccanismi nervosi i che, regolando il calibro dei vasi, producono l'aumento o la diminuzione del numero dei leucociti. Si assiste infatti ad una vasodilatazione periferica, nel caso dell'introduzione di cibi crudi ed ad una vasocostrizione con conseguente aumento dei globuli bianchi circolanti se invece si assumono cibi cotti o denaturati. E' comunque innegabile che cuocere gli alimenti ha permesso all'uomo di utilizzare cibi altrimenti poco digeribili come i cereali e ha ,di fatto, assicurato una maggior igiene alimentare in un periodo in cui non esistevano sistemi adeguati di conservazione del cibo e le infezioni alimentari mietevano molte vittime soprattutto tra i bambini e i soggetti fragili come gli anziani. Ma se spostiamo la nostra attenzione sul piano della fisiologia umana, ci rendiamo conto che l'uomo, per la maggior parte della sua esistenza sulla terra, ha consumato cibi crudi e conseguentemente la sua genetica e la sua evoluzione biochimica si sono sviluppate a partire da una dieta crudista. Di fatto la cottura altera in maniera consistente la struttura delle molecole dei carboidrati e soprattutto delle proteine presenti nei cibi rendendole non riconoscibili al nostro sistema immunitario che prontamente reagisce con una risposta immediata aumentando i livelli di globuli bianchi nel sangue. Inoltre la cottura distrugge gran parte delle sostanze enzimatiche presenti nell'alimento crudo che dovrebbero concorrere con il nostro corredo enzimatico alla digestione e assimilazione dei cibi ingeriti. Basti pensare che il Dr. Edward Hoveell, massima autorità a livello mondiale nella ricerca sugli enzimi, ritiene che ogni persona nasca con un certo patrimonio enzimatico determinato geneticamente e che tale patrimonio venga consumato durante la nostra vita. L'abitudine di consumare cibi cotti ha di fatto limitato l'introduzione di cibo ad alto contenuto enzimatico contribuendo al progressivo impoverimento del nostro patrimonio enzimatico personale. Bisogna inoltre ricordare che l'utilizzo di cibi cotti comporta una perdita netta di molte altre sostanze importantissime per la nostra salute come i sali minerali e le vitamine necessari per tutti i processi biochimici che avvengono a livello cellulare. E' quindi indubitabile che gli alimenti freschi e crudi costituiscono la migliore fonte di elementi utili al benessere del nostro organismo e che e' molto importante aumentarne l'assunzione. Dobbiamo pero' anche ricordare di adottare sane abitudini come quella di iniziare il pasto con una porzione di verdure crude e masticare adeguatamente il cibo che ingeriamo.

mercoledì 6 giugno 2012

temi Venerdì 15 Giugno alle ore 20,30 presso la sala parrocchiale della Chiesa di Ponte dei Nori a Valdagno terrò una conferenza dal titolo " Le Spezie tra storia, cucina e scienza", sarà una occasione per confrontarci su questi temi. Vi aspetto !

giovedì 12 aprile 2012

Nuove strategie per contrastare l'invecchiamento : il progetto DANI

Ho letto sulla rivista della società italiana di gerontologia un interessante articolo pubblicato dal centro ricerche di biologia e patologia dell'invecchiamento dell'università di Pisa ,dedicato ai più recenti studi sulla restrizione calorica e sulla ricaduta che questo stile di vita può avere nel contrastare l'invecchiamento cellulare. L'invecchiamento può essere definito come una progressiva decadenza delle nostre strutture e delle loro relative funzioni che si associa ad una ridotta capacità di adattamento agli stress ambientali sia fisici che psichici ed ad un aumento di probabilità di contrarre malattie. I gerontologi hanno ormai determinato con precisione che le alterazioni delle nostre funzioni sono causate dallo sbilanciamento tra i fattori che determinano il danno biologico ( sia endogeni come le intossinazioni da radicali liberi e scorie del metabolismo sia esogeni come ad esempio il danno da foto invecchiamento della pelle) e l'efficienza dei processi riparativi a livello cellulare. L'effetto di questo sbilanciamento si traduce in un accumulo di mutazioni che comporta una alterazione progressiva delle funzioni cellulari. Si può quindi affermare che l'invecchiamento cellulare sia alla base di tutte le malattie cronico degenerative che colpiscono l'uomo a partire dai trenta anni. Tuttavia bisogna anche ricordare che gli studi di genetica hanno evidenziato che la longevità individuale è determinata solo per il 30% dal patrimonio genetico e che il 70% è invece attribuibile agli stili di vita adottati e ai fattori di protezione che, giorno dopo giorno, contribuiscono alla salute delle nostre cellule. E' quindi evidente che si può combattere efficacemente l'invecchiamento solamente quando si è ancora relativamente giovani ma che ad ogni età è possibile proporre un percorso legato allo stile di vita in grado di contrastare l'avanzare dell'età e le sue conseguenze. Molti studiosi ad esempio ritengono che l'invecchiamento dipenda in larga misura dalle alterazioni prodotte dai superossidi sulle nostre membrane cellulari. Le nostre cellule infatti producono energia a partire dagli alimenti ma il meccanismo non è perfetto. Circa il 99% dell'ossigeno consumato dai mitocondri, vera centrale energetica della cellula, produce energia pulita, ma l'1% genera superossidi definiti ROS in grado, nel tempo, di causare danni ingenti alle membrane cellulari. L'assunzione di anti ossidanti a dosi importanti può, per questo, essere una buona strategia di intervento soprattutto sull'anziano dato che in questi soggetti le capacità riparative insite nelle cellule sono ormai poco efficaci. Nelle persone giovani invece lo spazio per un intervento anti invecchiamento va ricercato a livello dei meccanismi di riparazione cellulare. Le cellule infatti presentano dei meccanismi di riparazioni efficaci ma imperfetti, attivi sia a livello molecolare che a livello cellulare. L'1 per 10.000 delle mutazioni che avvengono ogni giorno a carico del nostro DNA sfugge ai meccanismi riparativi e quindi ogni giorno una nuova mutazione si accumula a livello del nostro materiale genetico cellulare. Ciò comporta un accumulo progressivo nelle cellule di organuli alterati che comporterà nel tempo una progressiva perdita di efficienza con naturale morte della cellula senza la possibilità di essere rimpiazzata. La rimozione di questi organuli alterati (soprattutto i mitocondri) è indispensabile per la loro sostituzione con organuli efficienti e non compromessi ma può avvenire solo se la cellula si trova in una condizione di stress metabolico per mancanza di cibo dall'esterno che la mette nella condizione di dover degradare alcune componenti proprie(autofagia) per far fronte alle proprie esigenze energetiche. Di regola ciò avviene solamente quando l'organismo è a digiuno e sente fame. L'aspetto più interessante è che la funzione della autofagia è modulabile attraverso l'alimentazione essendo ormonalmente repressa da elevati livelli di insulina e da una dieta costantemente abbondante. Per vivere a lungo e sani bisogna quindi saper sopportare la fame, di tanto in tanto, limitando l'apporto calorico, fin da quando si è giovani. I quattro pilastri per una azione anti-invecchiamento di medio lungo periodo sono quindi: 1. la restrizione calorica 2. l'esercizio fisico 3. l'elevato apporto di pesce e acidi grassi poli-insaturi 4. l'assunzione di cibi ad elevato contenuto di antiossidanti di origine vegetale. Tutte le ricerche effettuate sulla restrizione calorica sono concordi e hanno evidenziato che questo comportamento è in grado di contrastare l'invecchiamento in tutte le forme viventi ritardando la comparsa delle malattie età associate e riducendone l'incidenza. Questi effetti si riscontrano anche sull'uomo e molti indizi fanno pensare che sia gli interventi alimentari che l'esercizio fisico associato attivino i processi di autofagia cellulare favorendo la degradazione delle componenti cellulari danneggiate e preparando il terreno per la loro sostituzione con componenti efficienti. Si determina di fatto uno svecchiamento delle cellule e quindi dei tessuti dell'organismo con miglioramento netto delle funzioni cellulari e tissutali. La restrizione calorica agirebbe a livello degli organi mentre l'attività fisica svolgerebbe un ruolo importante sulla muscolatura. Gli esperimenti con i modelli animali hanno messo in evidenza che animali nutriti una sola volta al giorno dopo un lungo digiuno migliorano nettamente la loro salute e si allunga la loro vita. Durante la fase di digiuno si attiva l'autofagia che rimuove i materiali danneggiati mentre durante i brevi periodi di ipernutrizione con alimenti di alta qualità si attivano i meccanismi anabolici di recupero trofico che promuovono la sostituzione delle componenti danneggiate. L'abbondante disponibilità di cibo di buona qualità è un requisito altrettanto importante della stimolazione dell'autofagia ai fini del ringiovanimento dei tessuti dato che è essenziale per poter assicurare il rimpiazzo di tutti gli organuli perduti ed evitare l'atrofia dei tessuti. Nell'uomo lo stile di vita che più si avvicina a queste indicazioni è quello proposto da tutte le tradizioni religiose monoteiste come il cristianesimo e l'ebraismo che raccomandano moderazione alimentare (e quindi restrizione calorica) tutti i giorni e un digiuno di frequenza settimanale da continuarsi per tutta la vita che viene effettuato nel giorno prefestivo ( e quindi seguito dal pasto più ricco della settimana).

sabato 11 febbraio 2012

Benessere intestinale Benessere emotivo ?

Il benessere intestinale rappresenta uno degli aspetti da valutare con molta attenzione nel corso della consulenza Naturopatica. Tale interesse e' giustificato dal ruolo centrale che ricopre questo apparato per il benessere psico fisico di tutto l'organismo. E' infatti risaputo che tra intestino e cervello si trova una rete nervosa molto complessa composta da oltre cento milioni di neuroni che gestiscono le attività intestinali e che si collegano al cervello tramite il sistema nervoso vegetativo. Questa rete nervosa enterica si situa nella parete intestinale ed e' cosi' estesa che il neurobiologo Michael Gershon, uno dei ricercatori piu' esperti in questo campo, la definì in un suo libro con il termine di "secondo cervello". In questo suo libro l’intestino è definito come un organo“intelligente con capacità di associazione e coordinazione proprie" e le ricerche condotte hanno evidenziato che la relazione tra Sistema Nervoso Centrale e plessi nervosi dell'apparato gastrointestinale avviene costantemente e in entrambe le direzioni. Le patologie psicosomatiche che spesso si riscontrano nella pratica naturopatica ne sono una testimonianza. Stress psichici si ripercuotono su questo apparato riducendone o alterandone la funzionalità. Ma e' anche vero che una alterazione dell'efficienza dell'apparato gastro intestinale, determinata da cattiva alimentazione o da altri fattori, e' in grado di creare disagio a livello psico emotivo. I più recenti studi in questo campo hanno scoperto che le vie nervose che dall'intestino si dirigono verso il sistema nervoso centrale sono più numerose di quelle che fanno il percorso inverso e che il 95% della serotonina prodotta dal nostro organismo viene prodotta nell'intestino. Nel sistema nervoso centrale la serotonina svolge importanti funzioni di modulazione dello stato dell'umore mentre nell'intestino questo neurotrasmettitore e' coinvolto nell'induzione della peristalsi e nella gestione del processo assimilativo. La sua produzione e' legata al benessere dell'intestino e alterazioni funzionali che si determinano a questo livello sono in grado di innescare un deterioramento delle funzionalità intestinali che si ripercuotono immancabilmente anche a livello del sistema nervoso centrale. Del resto una prova indiretta dell'importante relazione neurologica tra intestino e cervello, ci viene data dall'iridologia. Spesso nella pratica iridologica si può constatare l'intima relazione tra malattie funzionali dell'apparato gastro intestinale e disagi più o meno gravi a livello psico emotivo. Infatti l'area gastrointestinale si trova racchiusa tra l'orlo pupillare e il collaretto, espressioni del sistema nervoso neurovegetativo e ,spesso, segni tipici di disagio intestinale ,come disbiosi o stati infiammatori, si accompagnano a segni legati al disagio neurologico. Un intervento autenticamente olistico deve necessariamente tenere in considerazione queste relazioni e proporre un percorso di auto guarigione che prenda sempre avvio da un miglioramento delle funzioni intestinali. Ma tale miglioramento deve essere ricercato innanzi tutto attraverso una indagine approfondita dello stile di vita e delle abitudini alimentari della persona che si rivolge al Naturopata, perché solo una correzione di questi fattori e' in grado di donare un benessere duraturo. Gli interventi che prendono avvio dall'utilizzo di integratori non fanno altro che mimare, spesso inconsapevolmente, un approccio tipico della tradizione medica occidentale che mette in primo piano il sintomo ma perde di vista l'insieme cioè la totalità della persona. Il Naturopata invece, essendo molto più interessato al terreno che non al sintomo, procede ricercando le cause primarie di questo disagio e propone un percorso che comprende un riequilibrio alimentare, un miglioramento dell'idratazione complessiva dell'organismo, una valutazione globale dell'attività fisica e dei ritmi circadiani, per poi procedere consigliando eventualmente una integrazione con fitoterapici con tropismo elettivo verso l'apparato gastrointestinale solo quando l'intervento a livello comportamentale non abbia dato i risultati sperati.

venerdì 10 febbraio 2012

Alimentazione Consapevole

Venerdi 24 febbraio alle 20,30 presso moving Center di Cornedo si terrà una serata introduttiva sull'alimentazione. Siete tutti invitati a partecipare

lunedì 6 febbraio 2012

Il Nuovo Centro Studi Naturopatici

Spesso sui mass media assistiamo a dibattiti e prese di posizione sulle supposte incompatibilità che ci sarebbero tra medicina ufficiale e le cosiddette medicine alternative o complementari. Io credo che ormai sia giunto il momento di superare queste contrapposizioni e di parlare piuttosto di medicina integrata dove professionisti della salute di diversa competenza dialogano tra di loro allo scopo di raggiungere l'obiettivo comune del benessere di chi si rivolge a loro per una propria sofferenza. Sotto quest’ottica mi sembra palese che la medicina, in senso assoluto, debba necessariamente essere il risultato di un’integrazione di diverse discipline, ognuna delle quali può contribuire a raggiungere l’obiettivo di migliorare lo stato di salute psichica, fisica ed emozionale delle persone che ad essa si rivolgono. Se l’obiettivo è la salute il primo passo che qualsiasi medicina deve fare è quello di mantenerla e ,se possibile, di migliorarla. In questo campo direi che la medicina cosiddetta convenzionale svolge un ruolo molto importante perché il suo scopo è quello di curare una patologia già in atto e i suoi strumenti sono stati studiati a tale scopo. La stessa formazione della classe medica porta inevitabilmente a questo approccio, dato che il loro punto di partenza resta pur sempre la patologia. l’intervento della medicina tradizionale è più che giustificato e quindi in questi casi insostituibile quando la malattia ha ormai causato una lesione organica e quando le capacità di autoguarigione dell’organismo sono praticamente nulle. La naturopatia si pone di fatto ad un livello precedente a quello su cui opera il medico, essendo interessata alla prevenzione piuttosto che alla malattia, alla fisiologia piuttosto che alla patologia. I principi della Naturopatia classica hanno infatti come obiettivo prioritario la prevenzione primaria delle malattie da raggiungere attraverso il rispetto delle necessità fondamentali della natura del nostro organismo, stimolandone la forza vitale e le sue innate capacità di autoguarigione. Il confine quindi tra l’intervento naturopatico, che si dirige quindi verso il mantenimento della salute attraverso una “cura del terreno” costituzionale del soggetto, e la medicina tradizionale, deve essere individuato nella lesione organica o in altri termini quando la forza vitale dell’organismo non è più in grado di mantenere lo stato di equilibrio funzionale. Tuttavia, anche nella fase in cui dobbiamo ricorrere ad un intervento convenzionale, è comunque sempre di fondamentale importanza correggere tutte le abitudini di vita sbagliate che sono spesso concausa dei disturbi percepiti, altrimenti il traguardo della salute integrale e duratura resterà per sempre un pura illusione. In armonia con questa impostazione il Centro Studi Naturopatici si appresta a fare un salto di qualità. A Marzo infatti tutte le attività del Centro si trasferiranno in una nuova struttura in Via degli Alpini a Castelgomberto (VI). In questa nuova struttura, molto più ampia e funzionale, opereranno diverse figure professionali con lo scopo di proporre una serie di iniziative volte al recupero della salute attraverso metodiche non invasive integrando il lavoro di terreno svolto dal Naturopata e da professionisti del recupero funzionale con quello di medici che utilizzano metodiche complementari come agopuntura omeopatia e omotossicologia ma che potranno intervenire anche per il recupero della salute attraverso metodiche tipiche della medicina tradizionale occidentale.

domenica 15 gennaio 2012

Progetto CHINA

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Il Progetto Cina è forse il lavoro di ricerca sulla nutrizione umana più completo mai realizzato a livello mondiale. E' il risultato della collaborazione tra la Cornell University, l’Accademia cinese di Medicina preventiva, l’Accademia cinese di Scienze mediche e l’Università di Oxford. Il dottor T. Colin Campbell, responsabile della ricerca e direttore USA del Progetto Cina, è stato, prima del suo pensionamento nel 2001, Professore Emerito di biochimica nutrizionale alla Cornell University, e, oltre ad aver ricoperto altre prestigiose cariche è stato coautore della relazione Diet, Nutrition and Cancer – una pietra miliare nel campo della medicina scritta nel 1983 – della National Academy of Sciences, e autore di oltre 300 articoli scientifici pubblicati su riviste specialistiche. Una prima indagine ha avuto inizio nel 1983 raccogliendo 367 tipi di dati sulla vita e la morte di 6500 adulti sparsi in 138 villaggi e 65 contee della Cina , con una quantità di dati raccolti sufficiente a riempire un volume di 920 pagine. Una seconda indagine è stata intrapresa nel 1989 raccogliendo più di 1000 tipi di dati su 10 200 adulti e relative famiglie, attraverso 170 villaggi della Cina rurale e di Taiwan: i soggetti sono stati intervistati e studiati approfonditamente, annotando ogni porzione di cibo ingerito e raccogliendo campioni di sangue e urina. La Cina ha rappresentato un'occasione unica per studiare le connessioni dell'alimentazione e dello stile di vita con malattie e mortalità. Il consumo di carne nella dieta della popolazione rurale cinese era, a differenza di oggi, molto ridotto, limitato per lo più a maiale e pollo. La popolazione cinese, oltre ad essere omogenea da un punto di vista genetico, era abbastanza stanziale dato che la maggior parte delle persone passava tutta la vita nella stessa zona alimentandosi con prodotti locali; inoltre l'alimentazione variava considerevolmente da regione a regione permettendo così di mettere in relazione i dati legati allo stile alimentare con le statistiche di mortalità di una determinata patologia o di gruppi omogenei da un punto di vista eziologico di patologie. E' interessante notare che Il dottor Campbell, cresciuto in una fattoria del Virginia tra mucche da latte e animali macellati, iniziò le sue ricerche convinto dell'alto valore della tradizionale dieta Americana molto ricca di proteine animali. Dopo il Progetto Cina, egli è invece giunto alla conclusione che una dieta basata su cibi vegetali riduce drasticamente la possibilità di contrarre malattie cardiovascolari, diabete, cancro e obesità. In una sua intervista il dottor Campbell ha dichiarato: «Le persone che mangiavano più cibi di origine animale erano più soggette alle malattie croniche. Le persone che mangiavano più cibi di origine vegetale erano più in salute e tendevano ad evitare le malattie croniche. Questi risultati non possono essere ignorati». Se su questa affermazione del Dr Campbell sono d'accordo in linea di principio lo sono meno su altre affermazioni che vengono riportate nel suo libro recentemente tradotto in italiano. The China Study è stato pubblicato in America nel 2005. Il libro, basato sui risultati del Progetto Cina, esamina la relazione tra cibo e malattie cardiovascolari, cancro e diabete e la possibilità di ridurre il rischio di contrarre queste patologie o arrestare e invertire un loro sviluppo in corso attraverso l'alimentazione. Nel libro Campbell identifica – così come emerso dal Progetto Cina – alti livelli di colesterolo nel sangue come uno dei più significativi indicatori di rischio per il cancro e le altre malattie diffuse nei paesi occidentali, e osserva che il principale responsabile dell'aumento del colesterolo nel sangue è l'assunzione di proteine animali. egli infatti afferma che : «I grassi saturi e il colesterolo presenti nei cibi aumentano anch'essi il colesterolo nel sangue, ma non come le proteine animali. Al contrario, i cibi vegetali non contengono colesterolo e, in diversi modi, contribuiscono a diminuire la quantità di colesterolo presente nel corpo». Campbell conclude che «i risultati del Progetto Cina indicano che più è bassa la percentuale di cibi animali consumati, maggiori sono i vantaggi per la salute, anche quando i cali percentuali passano dal 10 per cento allo 0 per cento delle calorie. Non è dunque irragionevole presumere che la percentuale ottimale di cibi animali nella dieta sia pari a zero, almeno per chiunque abbia una predisposizione per una malattia degenerativa».Nel suo libro Campbell sostiene inoltre che oggi vi sia una grande confusione sulle nozioni nutrizionali, prodotta da lobby influenti, istituzioni governative e studiosi irresponsabili, e critica duramente le diete low-carb, come la dieta Atkins (iperproteica e iper grassa) , dove viene seguito un regime alimentare a ridotto contenuto di carboidrati complessi. I ricercatori del progetto hanno osservato come malattia coronarica, ictus e ipertensione, cancro della mammella, della prostata e del polmone, diabete e osteoporosi, principali responsabili di morti premature nei paesi occidentali, in Cina, dove il consumo di prodotti animali era fino a poco tempo fa molto scarso, avevano bassa incidenza, confermando la relazione tra questa classe di patologie e l'assunzione di cibi animali, a sua volta collegata al livello di sviluppo economico. L'evidenza scientifica emersa dal Progetto Cina suggerisce che la concezione occidentale di dieta sia da rivedere radicalmente, e che un'alimentazione basata sui vegetali, come la dieta tradizionale cinese, può offrire molti vantaggi per la salute. Le conclusioni del progetto China sono sicuramente razionalmente condivisibili anche se mi domando quale possa essere l'incidenza di altri aspetti dello stile di vita cinese che possono essere stati decisivi nel predisporre ad una patologia cronico degenerativa o al contrario a fungere da fattori protettivo. Il primo aspetto da considerare è che tutta la ricerca effettuata considera la dieta americana come dieta standard dei paesi occidentali. Questo a mio avviso non permette di estendere i risultati del progetto China a popolazioni come quella Italiana che hanno un comportamento alimentare sicuramente più salutare di quello americano. Un secondo aspetto non sufficientemente indagato è legato al fattore protettivo del grande consumo di cibi vegetali da parte dei cinesi rispetto agli americani che notoriamente annoverano ancora la patata tra i vegetali! . Se da un lato infatti è assolutamente corretto sostenere che una alimentazione ricca di cibi di origine vegetale è protettiva nei confronti delle patologie cronico degenerative, dall'altro bisogna tenere presente che lo stesso Campbell consiglia l'assunzione di integratori di vitamina B12 se si passa da una alimentazione onnivora ad una alimentazione vegetariana – vegana. Mi sembra chiaro che la fisiologia umana si è evoluta per migliaia di anni ottimizzando le sue esigenze metaboliche e biochimiche e richiedendo al cibo ingerito in fase di assimilazione tutte le sostanze necessarie per la propria performance quotidiana. Un qualsiasi stile alimentare che presupponga una assunzione continuativa di sostanze essenziali alla sopravvivenza attraverso una supplementazione artificiale non può essere considerata adeguata da un punto di vista fisiologico. Se poi consideriamo che la vitamina B12 viene estratta dall'industria farmaceutica da scarti di lavorazione dei prodotti animali o peggio dai liquami, ci rendiamo conto che forse un apporto limitato ma costante di cibi di origine animale sia sicuramente più salutare. Per concludere vorrei accennare al fatto che le popolazioni cinesi prese in considerazione dal progetto China che presentavano una minor incidenza di patologie cronico degenerative erano popolazioni che vivevano una vita sobria, a contatto con la natura, rispettosa dei cicli circadiani legati al ritmo notte giorno e ai ritmi stagionali, che autoproducevano le loro derrate alimentari sia di origine animale che vegetale non utilizzando fertilizzanti o induttori della crescita e che nel complesso vivevano una vita felice nella semplicità. Quindi, per concludere sono assolutamente d'accordo che l'evidenza scientifica emersa dal Progetto Cina suggerisca che la concezione occidentale di dieta sia da rivedere radicalmente, e che un'alimentazione basata sui vegetali, come la dieta tradizionale cinese non del tutto priva di cibi di origine animale, possa offrire molti vantaggi per la salute. In questo senso lo stile alimentare proposto a conclusione del percorso di rieducazione nutrizionale presso il Centro Studi Naturopatici è uno stile alimentare prevalentemente vegetariano ma che non esclude l'utilizzo di piccole quantità di cibi di origine animale proprio per rispettare le esigenze fisiologiche e biochimiche del nostro organismo. Nello stesso tempo si deve porre molto l'accento su una riconversione del proprio stile di vita necessaria per conseguire uno stato di salute mentale e fisica duratura nel tempo