Dr. Bevilacqua Marco Farmacista - Naturopata - Bach Practitioner - Consulente Nutrizionale
Centro Studi Naturopatici
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giovedì 23 gennaio 2020
Una serata in compagnia
IN OTTEMPERANZA ALLE DISPOSIZIONI COMUNALI PER IL CONTENIMENTO DEL CORONAVIRUS, LA SERATA E' STATA POSTICIPATA A GIOVEDI' 19 ORE 20,15
lunedì 11 novembre 2019
venerdì 4 gennaio 2019
venerdì 16 novembre 2018
Se son rose fioriranno !
Il 17 settembre si è tenuta
la prima riunione della Commissione istituita presso il Ministero della Salute
per discutere delle evidenze scientifiche della medicina omeopatica. I membri
della commissione sono per la maggior parte i direttori dei dipartimenti
dell’istituto superiore di Sanità e alcuni rappresentanti delle Federazioni e
sociatà scientifiche che si occupano di omeopatia clinica in Italia. Questa
commissione ha il compito di vagliare il complesso di studi scientifici (ciarca
2000) che negli ultimi anni sono stati prodotti per valutare le basi scientifiche
dell’omeopatia. La volontà di istituire la commissione nasce dalle polemiche
che ripatutamente si verificano in merito alla scientificità della medicina
omeopatica sostenute da istituzioni e medici clinici. Ultima tra tutte la
questione sollevata dal così detto Repot Australiano ,pubblicato in pompa magna
nel 2015, promosso dal Consiglio di Ricerca Medica e sulla Salute Australiano e
fortemente critico nei confronti delle prove di efficacia della omeopatia.
Tuttavia anche questa volta la serietà delle conclusioni a cui sono arrivati
valiando 176 studi, molti dei quali randomizzati, è messa a dura prova da una
indagine del Senato Australiano . Infatti il rappresentante del Consiglio di
Ricerca australiano ha dovuto ammettere sotto giuramento di non avere seguito
le linee guida e gli standard scientifici riconosciuti nella revisione delle
prove di efficacia sull’omeopatia e che addirittura i criteri di valutazione erano stati
modificati in corso d’opera . A causa di questo discutibile modo di operare 171
su 176 studi erano stati classificati inaffidabili e quindi esclusi dalla
valutazione conclusiva, creando così ulteriori dubbi ingiustificati
sull’argomento. Se si fossero seguite le regole moltissimi studi esclusi
sarebbero non solo stati validati per aver seguito un protocollo di ricerca
serio e meticoloso ma avrebbero riportato risultati positivi a favore della
omeopatia, come in seguito si è scoperto rivedendo tutto il processo di
metanalisi.
martedì 30 ottobre 2018
Trovato il codice di autodistruzione delle cellule
giovedì 4 ottobre 2018
Il microbiota: la vita dentro
Il tratto gastro-intestinale, oltre alla pelle, la bocca,
la vagina e le vie respiratorie, è abitato da comunità microbiche particolari
con strutture e funzioni specifiche. Per “microbiota intestinale” si intende
l’ecosistema complessivo formato da funghi, virus e batteri che si sono
adattati a vivere sulla superficie mucosa dell’intestino o nel suo lume,
sviluppandosi immediatamente dopo la nascita, influenzato dalla modalità del
parto (vaginale vs cesareo), dalla nutrizione iniziale (allattamento al seno vs
artificiale) e dal genotipo dell’ospite. I funghi che costituiscono il
micobioma comprendono Candida, Saccharomyces,
Aspergillus e Penicillium. Essi hanno un ruolo importante grazie
alle complesse interazioni funghi-batteri, funghi-funghi e funghi-ospite, che
influenzano la salute e, in alcuni casi, le malattie dell’ospite. I virus invece costituiscono il viroma. Si
ritiene che i virus influenzino lo stato di salute dell’ospite interferendo con
la struttura della comunità e della funzione batterica, ma non è ancora chiaro
come questa influenza si eserciti Il microbiota è
formato da circa 100 trilioni di microbi,
il cui numero è 10 volte superiore al numero delle cellule del nostro organismo
contribuendo a circa 1,5-2 kg del suo peso totale . Nel corso dei primi 3 anni
di vita avvengono le modificazioni più significative della composizione del
nostro microbiota. In seguito la sua composizione sarà per lo più costante
anche se influenzata in parte dalle condizioni fisiologiche che cambiano con il
passare degli anni fra cui l’età, l’assunzione di farmaci e la dieta. Ognuno di
noi ha una sua impronta digitale batterica cioè un profilo di specie batteriche
presenti del tutto individuale.
Il mantenimento di un
microbiota efficiente è alla base della nostra salute e per questo spesso si
utilizzano integratori contenenti fermenti lattici definiti anche probiotici. Se digitiamo le parole Probiotici o
Fermenti lattici in un qualsiasi motore di ricerca su internet sicuramente, in
pochi secondi la nostra ricerca restituirà migliaia di siti dedicati all’argomento
e un numero spropositato di pubblicazioni scientifiche che dimostrano l’efficacia
dell’integrazione con questi amici della nostra salute. Il loro ruolo non è
relegato solo al benessere del nostro intestino ma si sono indagati la loro
capacità di prevenire patologie come l’obesità le allergie l’asma, le dermatiti
fino a provare ciò che la medicina tradizionale cinese asseriva già 2500 anni
fa e cioè che il nostro intestino può essere considerato il nostro secondo
cervello grazie alla presenza di quantità significative di neurotrasmettitori sintetizzati
anche grazie alla presenza dei microorganismi che compongono il nostro
microbiota. Un vero e proprio mondo a parte con cui conviviamo in simbiosi e che
è responsabile di una miriade di processi utili al nostro benessere primo fra
tutti la nostra digestione che non potrebbe avvenire in maniera efficiente
senza la presenza di questi piccoli amici. Per questo motivo la fantasia dei
produttori di integratori si è sbizzarrita fino ad introdurre i probiotici in
una quantità industriale di prodotti spesso senza una qualsiasi logica clinica
sottostante. Non solo, spesso risulta anche incomprensibile la scelta dei ceppi
utilizzati in relazione alla funzione che questi integratori dovrebbero
sostenere. La domanda che dobbiamo porci è a questo punto quale sia il criterio
corretto per sceglierli e quale sia il modo giusto per usarli. Fare chiarezza è
indispensabile perché paradossalmente , a fronte di centinaia di probiotici
presenti sul mercato, sono pochi i batteri sui quali abbiamo certezze e
indicazioni precise per l’uso clinico e che quindi possono essere utilizzati per
una integrazione sicura e consapevole. La scelta non è quindi così semplice e
gli equivoci non mancano tanto che spesso sul mercato si possono trovare
prodotti che vengono venduti come probiotici usando in maniera disinvolta
questo termine che invece ha un significato molto preciso dettato dalla
Organizzazione Mondiale della Salute : “ un organismo vivente che,
somministrato in edeguate quantità, comporta un beneficio all’ospite.”
Fortunatamente la normativa italiana in materia risulta essere una delle più
rigorose e prevede dei criteri più stringenti per definire ciò che è probiotico
e ciò che non lo è. Innanzitutto può essere usata la parola probiotico solo se i
batteri utilizzati appartengono a ceppi usati tradizionalmente per integrare la
microflora intestinale, se sono caratterizzati geneticamente, se sono attivi
nell’intestino e presenti in quantità tale da moltiplicarsi e integrarsi con la
microflora esistente. Inoltre è necesserio che siano stati dimostrati sia la loro sicurezza per l’uso umano, sia i benefici
ottenibili. Questo perchè l’attività biologica ottenibile dipende dal ceppo di appartenenza, dato che ceppi
simili tra loro possono avere azioni opposte o molto diverse. E’ quindi necessario porre molta attenzione
su ciò che assumiamo come probiotico
perchè in alcuni casi il fermento lattico sbagliato potrebbe risultare
addirittura controproducente per la nostra salute soprattutto se apparteniamo a
gruppi di popolazione a rischio come coloro che presentano patologie
infiammatorie importanti come il morbo di crohn o la rettocolite ulcerosa che
presentano una alterata permeabilità intestinale oltre che un malassorbimento cronico.
Inoltre ogni popolazione di probiorici trova il suo ambiente ideale di
attecchimento in aree differenti del nostro intestino producendo di conseguenza
delle azioni diverse. Sappiamo ad esempio che il Lactobacillus rhamnosus GG
resiste agli acidi gastrici e alla bile e aderisce molto bene all’intestino colonizzandolo
efficacemente, tanto da poter essere ritrovato nelle feci anche quattro
settimane dopo il trattamento. Questo ceppo risulta utile per le diarree acute da infezioni, per
prevenire la diarrea da antibiotici e quella di chi è ricoverato nei reparti di
terapia intensiva degli ospedali; Inoltre
attiva con la sua presenza il nostro sistema immunitario migliorando la nostra
risposta ad eventuali aggressioni. Anche la dose cioè la quantita di
microrganismo pro dose che introduciamo ha la sua importanza. E’ stato provato
che con meno di un miliardo di batteri vivi è difficile che si possa avere un
qualunque effetto. Perciò è importante verificare il dosaggio di probiotici nel
prodotto che si acquista. Tuttavia le ricerche hanno dimostrato che non è
necessaria una quantità esagerata di batteri per dose perchè la cosa essenziale
è che questi microorganismi siano sufficientemente attivi nel riprodursi e nell’integrarsi
con il microbiota dell’ospite. Inoltre non esistono neppure prove scientifiche che
dimostrino una superiore efficacia delle combinazioni di probiotici rispetto a
un ceppo singolo anche se io ritengo che , a seconda della situazione
contingente, a volte sia utile intervenire con un singolo probiotico ma altre
sia necessario lavorare in settori diversi dell’intestino e quindi con ceppi
diversi che colonizzano in tratti diversi del nostro apparato diggerente. Buona
salute a tutti!
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